Bisogna riconoscergli, intanto, un gran coraggio. Squilla il telefono, una nuova proposta di lavoro. Può un allenatore che appena sei mesi fa guidava una formazione impegnata nella semifinale playoff per la promozione in Serie A, accettare l’offerta di una squadra ultima in Lega Pro, con soli sei punti in classifica dopo quasi metà campionato ed in attesa di ulteriori, inevitabili penalizzazioni? Farlo nonostante due guide tecniche già avvicendatesi sulla medesima panchina con scarsi risultati e legittimi albi, un parco calciatori che non varrà magari l’ultimo posto ma resta oggettivamente incompleto e vuoto dal punto di vista della personalità e con una retrocessione tra i dilettanti tremendamente prossima, tuttavia, trascende il coraggio e sfocia nell’incoscienza.
Questa storia avrebbe dell’incredibile. Il protagonista, però, è Roberto Alberti Mazzaferro e non ha accettato le avances di un Club qualunque. Non per lui. Quella squadra ha un nome. E’ la Reggina.
Cinquantasette partite e due reti con gli amaranto tra il 1991 ed il 1993, con una fascia di capitano stretta al braccio. Poi, tra il 1999 ed il 2002, appena appese le scarpe al chiodo, la sua prima esperienza da tecnico, con la Primavera della squadra dello Stretto. “Il ricordo è straordinario, nonostante il periodo sotto il profilo del risultato sportivo, non è stato eccezionale. Sono stati anni difficili, certo, ma anche ricchi di soddisfazioni. Sul piano professionale, inoltre non posso dimenticare che la Reggina sia stata la prima società a darmi fiducia affidandomi una panchina – raccontava lo stesso Alberti al sito ufficiale amaranto, intervistato nel 2011 per celebrare il 25esimo anno di attività della Reggina Calcio – A Reggio conservo parecchi affetti, ho conosciuto sullo Stretto mia moglie, la Calabria è stata una parentesi fondamentale non solo della mia carriera ma anche della mia vita. Vivo ancora rapporti di amicizia ormai ventennali, ho negli occhi molti angoli della città”. Avrà modo di riviverli. In quella lunga intervista, Alberti fissò un elemento come cardine dei propri ricordi: la passione della tifoseria, “il calore con il quale tutti i cittadini ci facevano capire, quotidianamente, quanto fosse importante la Reggina per la propria gente: una simbiosi squadra-pubblico difficilmente replicabile”.
Scelse una gara, tra tutte, come simbolo della sua esperienza con la Reggina. Non poteva che esser Reggina-Messina, una sfida che ritroverà, seppur con una veste differente. “Il Derby dello Stretto è un vero e proprio evento – parole di Alberti – non si esaurisce nei 90′ di gioco ma prosegue a lungo dopo la gara e la precede con pressioni che poche altre partite sono in grado di regalare”.
Nella sua esperienza da calciatore con la Reggina, Alberti fu insostituibile metronomo del centrocampo amaranto e con la sua tempra, nonostante fosse appena arrivato, guadagnò subito i gradi di riferimento dello spogliatoio durante stagioni complicate. La Reggina lottava per la salvezza in Serie C, esattamente come adesso. Il suo compito, se possibile, sarà ancor più complesso, duro, impegnativo.
C’è bisogno di un’impresa. Per centrarla, oltre alle qualità tecniche ed umane, saranno necessarie anche coraggio ed incoscienza. Le stesse che Roberto Alberti Mazzaferro ha dimostrato accettando quella proposta…
Gianpiero Versace
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