Buona fortuna Ciccio. Reggina, non puoi più sbagliare nulla…

Tutto sbagliato, tutto da rifare. Ancora una volta, per l’ennesima volta. Quello che a metà luglio abbiamo definito “l’anno zero” del calcio reggino, si appresta a dover vivere una ricostruzione nella ricostruzione. Progetto tecnico bocciato, l’era Cozza è durata circa 4 mesi, o se preferite 13 giornate di campionato. Ci ha provato anche lui a risollevare una barca che da anni naviga in acque sempre più tempestose, ma alla fine ha alzato bandiera bianca. Secondo allenatore a rassegnare le dimissioni, in 28 anni e passa di Reggina Calcio (il primo era stato Ansaloni, nel ’92, ma in quel caso la decisione fu legata a motivi strettamente personali). Il compito, difficile già in partenza, fino alla gara contro la Lupa Roma sembrava potesse tranquillamente riuscire: salvarsi quest’anno, e poi cercare di programmare un futuro diverso, da protagonisti. Tutto è rimasto nelle buone intenzioni, tutto è stato spazzato via da un andamento che ha finito col tradursi negli amari numeri della crisi: dopo la vittoria col Cosenza infatti, sono arrivati appena 2 punti in 6 partite, mentre le sconfitte esterne consecutive sono salite a 5. Al di là delle fredde statistiche tuttavia, agli occhi balza anche un dato di fatto sotto gli occhi di tutti: a partire dal derby di Lamezia, gli amaranto hanno smesso di essere una squadra, mettendo in fila 4 prestazioni assolutamente impresentabili. Dall’umiliazione del D’Ippolito alla sconfitta casalinga contro la Salernitana (arrivata senza creare neanche una palla gol), passando per le altre due partitacce contro Aversa e Melfi: no, quella non era più la squadra di Ciccio Cozza, non era più la squadra che, pur con evidenti limiti e fragilità strutturali, riusciva comunque a lanciare segnali positivi ed un cauto ottimismo per il futuro.

Un crollo  totale, sia dal punto di vista calcistico che dal punto di vista dell’intensità e del modo di comportarsi in campo. Non è semplice capire cosa sia successo in questo periodo, ma di sicuro la sola penalizzazione in classifica non può e non deve bastare, nè come risposta nè come giustificazione. “Non ci sono le condizioni per fare il calcio che vorrei io…Fare l’allenatore mi piace, ma voglio le giuste attenzioni“. Questi due passaggi, riguardanti le poche parole con cui Cozza ha detto addio alla ‘sua’ Reggina, ci hanno particolarmente colpito. E risuonano come saette, in un cielo amaranto sempre più cupo e pieno di nuvole. Qualche responsabilità, è giusto attribuirla anche a lui. Dal punto di vista della comunicazione infatti, alcune dichiarazioni rese in corso d’opera forse hanno finito col creare il classico effetto boomerang. Si è passati troppo in fretta dal concetto di “squadra da primi posti con 3-4 ritocchi, a centrocampo abbiamo giovani che ci invidia tutta la categoria” a “squadra che se si salva avrà fatto un miracolo superiore a quello della Reggina di Mazzarri”. Col senno del poi, forse certe critiche verso la squadra (sacrosante, sia chiaro…), sarebbe stato meglio farle nel chiuso di uno spogliatoio, e non in una sala stampa. Ma si tratta di colpe veniali. Di sicuro, prima che il giocattolo si rompesse, nelle prime 9 giornate il lavoro di Cozza è stato messo a dura prova da errori clamorosi in difesa e da gol incredibilmente divorati sottoporta. Errori individuali, svarioni dei singoli oscillanti tra peccati di gioventù ed inadeguatezza. L’allenatore può e deve dare un gioco ed un’identità (Cozza lo aveva fatto…),. ma non può mettersi la maglietta ed i pantaloncini o cambiare il corso degli eventi con bacchette magiche.

Oltre ad essere stato un grande calciatore, Ciccio Cozza è un bravo allenatore. Ne siamo convinti, e ringraziandolo per il suo percorso gli auguriamo le migliori fortune, così come abbiamo sistematicamente fatto con tutti coloro i quali hanno dato un contributo a questi colori.

Altro giro, altra corsa. Come detto sopra, si ricomincia . Per riscotruire dalle macerie.  Sarebbe azzardato, per non dire poco serio ed irrispettoso, esprimere alcun tipo di giudizio sulla ”inedita coppia’ Tortelli-Padovano. L’augurio, manco a dirlo, è che l’esito sia completamente diverso da quello registratosi lo scorso anno, quando dopo l’esonero-bis di Atzori si diede vita ad una soluzione abbastanza analoga. Società, squadra e calciatori: bisogna tracciare finalmente un cammino,  rincorrendolo con impeto e se necessario con la forza della disperazione. Ultimo posto in Lega Pro: più in  basso di così c’è solo la fine del calcio professionistico, queste sono veramente le ultime carte da giocare . Altri errori, sarebbero gli ultimi…

 

f.i.-rnp