Non brillerà come il salto di categoria ottenuto due anni fa, ma la salvezza che l’Hinterreggio ha ipotecato
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ieri pomeriggio contro la Battipagliese ha il sapore di un obiettivo sudato, sofferto, voluto e meritato. E non così scontato come i punti raccolti e la leggerezza di conseguimento potrebbero far distrattamente pensare.
Il calcio, quando sfugge alle labili costrizioni sportive, racconta storie di uomini che, nel loro piccolo o nel loro grande, hanno contribuito al conseguimento di un progetto. Dietro la salvezza c’è il lavoro di chi, senza presunzione, negli anni sa di aver costruito, a livello dilettantistico, le fondamenta di una storia diventata poi ciclo.
Il cervello principale, anche quest’anno, è stato senza dubbio Carmelo Rappoccio, direttore di un’orchestra supportata nel lato tattico da quello che, invece, può essere considerato il braccio per eccellenza, quel Francesco Ferraro al quale sono state consegnate le chiavi dello spogliatoio a inizio anno. Con una fiducia ricambiata che, di mese in mese, ha posto le basi per il lieto fine pre-pasquale.
Il tecnico ha mostrato tempra nei momenti bui della stagione, ricompattando la squadra quando quest’ultima pareva psicologicamente risucchiata dai vortici extracalcistici, oltre che una buona duttilità tattica, riflesso di una ancor più evidente elasticità mentale.
Ogni elemento della rosa, infine, sa di aver apposto la propria firma sul completamento del progetto, roba  da ingegneri prima ancora  che calciatori. Perché, senza penalizzazione, l’Hinterreggio avrebbe ottenuto la salvezza con ancora maggior anticipo, festeggiando praticamente a Noto.
Ora la partita principale si svolgerà fuori dal campo. A luglio, infatti,  si dovrebbe conoscere l’epilogo delle vicende legate all’interdittiva emessa lo scorso 17 ottobre dalla Prefettura di Reggio Calabria.
f.m. – rnp
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