Domenica scorsa, avevamo presentato Reggina-Latina come il primo di due appuntamenti fondamentali: per far crescere le poche speranze di salvezza, gli amaranto avevano a disposizione un solo risultato, ovvero la vittoria. Solo così, si sarebbe potuto guardare alla sfida di Padova come un autentico “spareggio salvezza”. Purtroppo, tutto è andato come non doveva andare. Una giornata che sulla carta doveva portare Di Michele e compagni a recuperare punti sulle dirette inseguitrici, si è trasformata infatti nell’ennesimo incubo. Chi lotta disperatamente nella palude dei playout, ha fatto risultato. La Reggina no. La Reggina ha perso ancora, lo ha fatto in maniera tanto deludente quanto meritata.
Dal momento che anche un pareggio sarebbe servito poco o nulla, la sconfitta (ottava in diciassette gare casalinghe) suona quasi come una condanna. Ripetiamo, le possibilità di agganciare il treno playout, fino a sabato, erano poche ma concrete. Oggi invece, è giusto dire che la fiammella è ad un passo dallo spegnersi definitivamente: a tenerla ancora accesa, le voci “matematica” e “miracolo calcistico”. Andare oltre a questo, dopo Reggina-Latina, equivarrebbe ad illudere la gente, a prendere consapevolmente in giro i nostri lettori. Guai a commettere un errore del genere, sarebbe delittuoso. I miracoli avvengono una volta ogni tanto, e con tutto il senso di appartenenza possibile ed immaginabile, non riusciamo più ad immaginare questa squadra come possibile artefice di un miracolo.
La Reggina del centenario, questa estate l’abbiamo colpevolmente sopravvalutata tutti, o quasi. Ma nonostante i limiti che sono via via emersi, non crediamo sia un organico da penultimo posto, non crediamo sia un organico così scarso da retrocedere virtualmente a 9 giornate dalla fine, con 27 punti ancora in palio. La vera debolezza di questa squadra, risiede nella testa. Un limite decisivo, un limite “mortale”, perchè a questi livelli è soprattutto con la forza mentale che ti salvi. Con la personalità . Sotto questo aspetto, le gare contro Modena e Pescara, pur non portando alla vittoria, ci avevano illuso, così come ci hanno illuso il periodo tra gennaio e febbraio e la trasferta di Carpi.
Sabato, contro i pontini, è tornata la Reggina debole di testa, scarica nell’anima. Si è manifestato nuovamente, in maniera quasi impietosa, il limite che ci sta portando dritti dritti in Lega Pro. Nel secondo tempo infatti, se c’era una squadra a cui il pari poteva andare benissimo, quella era proprio il Latina. Gli amaranto invece, dovevano provare a prendersi quei tre punti con la forza della disperazione, con tutti i mezzi possibili, con tutte le energie rimaste in corpo. Niente di tutto questo. Si sono limitati al compitino, quasi come fossero paralizzati, o peggio ancora spaventati. Ed a quel punto, sono stati proprio gli ospiti a crederci, a volere la vittoria a tutti i costi. E se la sono presa, al di là del fatto che il pallone della gloria gli è stato servito su un piatto d’argento. Ecco cosa fa la differenza, in serie B. Al di là della qualità e della tecnica, è l’atteggiamento a fare di 11 calciatori una squadra vera.
Ripetiamo, da sabato siamo aggrappati alla matematica ed all’incoscienza, più che alla speranza concreta. L’anno che doveva riportare il calcio reggino in rampa di lancio, si sta trasformando nel più atroce dei flop, un flop materializzatosi dopo un’autentica collezione di scelte completamente sbagliate (a tempo debito, le analizzeremo tutte…). La Lega Pro non ci spaventa, perchè l’abbiamo già vissuta “sul campo” una ventina d’anni fa (con i fatti, e non con le chiacchiere…), ma così come vi stiamo ripetendo incessantemente da tre mesi a questa parte, la Reggina è impegnata anche in un’altra sfida, che stavolta non riguarda il rettangolo di gioco. Il vero problema, sarebbe perdere anche quella.
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Dalle macerie, si può ricostruire e risorgere. Non sarebbe la prima volta. L’importante, sarà capire in che termini dovrà avvenire la ricostruzione…
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Ferdinando Ielasi-reggionelpallone.it
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