Barillà al Granillo, Fischnaller all’Adriatico. Nello spazio di 3 giorni, chi tiene ancora alla maglia amaranto ha visto sfumare il pericolo di un finale di campionato da “vacanze anticipate”, tipico di chi scende in campo solo per onor di firma, aspettando con ansia la possibilità di poter fare le valigie. Due pareggi “cuore e polmoni”, che non cambiano di molto la situazione di classifica, ma almeno autorizzano a tenere accesa la fiammella della speranza. E’ vero, stiamo parlando di magre consolazioni, che però potrebbero trasformarsi in un trampolino verso una nuova scalata.
Se il 2-2 col Modena ha lasciato comunque parecchi punti interrogativi (l’errore del direttore di gara ha del clamoroso, ma non basta per cancellare le troppe falle mostrate nella ripresa…), quello di ieri pomerggio ci riconsegna in tutto e per tutto una squadra arrabbiata, consapevole dei propri mezzi, vogliosa di rimanere in piedi. Un collettivo che combatte, un gruppo di calciatori che si aiutano l’uno con l’altro: il sudore dei gregari, unito al talento degli elementi chiave (a proposito di elementi chiave, il Di Michele visto ieri è roba da stropicciarsi gli occhi). Il tempo sta passando, la famosa “montagna” di cui parlavamo a gennaio rimane tutta da scalare e le possibilità di salvezza sono poche. Ma ci sono. Ed è proprio a queste poche possibilità , che dobbiamo aggrapparci. Unendole ai concetti sopra descritti, facendo si che crescano di settimana in settimana, nelle ultime 10 partite che rimangono.
All’Adriatico di Pescara, storicamente teatro di dolori e trionfi, per lunghi tratti abbiamo visto la migliore Reggina di tutta la stagione. Gli amaranto, nel primo tempo, non si sono limitati a giocarsela a viso aperto, ma hanno imposto il ritmo, hanno messo sotto un avversario che a livello di qualità , fa paura solo a guardare i nomi che presenta in panchina. Insomma, si è visto tutto il contrario della prestazione avvilente di Empoli, che aveva fatto temere il peggio. Ecco perchè questa fiammella di speranza non è campata in aria, non è un concetto astratto. Riguardo i cali della ripresa ed i calci da fermo che si trasformano sistematicamente in una condanna, forse ormai bisogna farci l’abitudine, dal momento che si tratta di un amaro remake visto e rivisto. Dalle ultime due gare però, è emerso che se giochi con un determinato spirito ed un determinato atteggiamento, puoi rimanere a galla anche con quei limiti che ti accompagnano da tanto, troppo tempo.
Attenzione però, perchè la nuova scalata può uscire dai binari dell’impossibile solo ricominciando a vincere. Senza più rinvii, senza più prove d’appello. A cominciare da sabato prossimo, quando al Granillo arriverà un avversario ostico e temibile come il Latina, e gli amaranto si troveranno di fronte ad un primo bivio: la vittoria sarà l’unico risultato a disposizione, per poter continuare a fare calcoli e guardare con motivazioni legittime ai risultati che maturano sugli altri campi. Battere il Latina, è lunico modo per stare aggrappati alla montagna. Sarà il primo dei due passaggi fondamentali, e solo superandolo avrà un senso parlare della trasferta che ci attende tra due settimane a Padova, in una gara che in quel caso sarebbe da “mors tua vita mea”. Un passo alla volta dunque, per una squadra che ha dimostrato coi fatti di non voler cadere nel baratro.
In questa occasione, non faremo alcun appello nè alcuna “chiamata alle armi”. Vedere il Granillo semi-vuoto anche in Reggina-Crotone, è stato un autentico pugno nello stomaco, per chi come noi conserva intatta una passione. Un pugno che non ci aspettavamo, di quelli che fanno male. Ah già , dimenticavo: la gente resta a casa, per manifestare il proprio dissenso verso la dirigenza attuale. Vuol dire che contro il Bari, quando si pensava di lottare per la serie A, forse c’era un’altra dirigenza. E forse c’era un’altra dirigenza anche 3 anni or sono, quando la Reggina affrontò il Novara nella semifinale playoff. Sbadati noi, a non essercene accorti…
Ferdinando Ielasi-reggionelpallone.it
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