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La situazione in casa amaranto sta precipitando, non guardare in faccia la realtà del momento sarebbe l’errore più grave. In quel di Lanciano, una squadra priva di nerbo, senza carattere e svogliata si è fatta ingabbiare da una modestissima formazione che ha vinto la gara a suo piacimento, vista l’impotenza dell’avversario. Povera Reggina come sei caduta in basso. Cosa sta succedendo tra le quattro mura del Sant’Agata? Si rema tutti nella stessa direzione? O qualcuno cerca di mandare il timoniere dove il mare è limaccioso e la nave non può che affondare? Certamente, la squadra ha dimostrato di essere con il tecnico amaranto, come conferma l’esultanza di gruppo attorno a Dionigi dopo il 2 a 1 sul Padova.
A grandi linee, questo ventunesimo campionato nella cadetteria, nei suoi novantanove anni di storia, ci ricorda il nono, stagione 1973-74. Abbiamo davanti agli occhi le immagini delle domeniche al vecchio “Comunale”, con il pubblico raccolto a sostenere un manipolo di “invisibili”. Dopo un inizio di torneo decoroso, le acque si ruppero. Il debuttante allenatore Giambattista Moschino, ex centrocampista della Lazio, dopo appena 5 mesi dal suo insediamento rassegnò le dimissioni per accesi contrasti in allenamento con alcuni dello “zoccolo duro”. Ed erano in tanti. Così come è usuale in tutte le case, per andare al risparmio la via più breve presa dal compianto presidente Granillo fu quella di affidare i “leoni” al mite vice allenatore Recagni. Il tecnico milanese, alle prese con una classifica inguardabile, non riuscì a raddrizzare la rotta e venne esonerato dal massimo dirigente amaranto. E sono due. Mai e poi mai affidare la baldanzosa truppa ad uno “sconosciuto”, così le ultime fiches che rimasero nelle mani di Granillo vennero puntate tutte sull’allenatore delle giovanili Olmes Neri, con accanto il direttore sportivo Mimmo Cataldo. Si racimolarono alcune vittorie, ma non furono sufficienti per evitare la retrocessione.
Sono passati 39 anni e non vorremmo che la storia si ripetesse. D’accordo, la gente si è disamorata e diserta in massa lo stadio, ma è arrivato il momento di unire le forze per evitare di finire nel precipizio. Dionigi ha mille responsabilità, così come il presidente Foti e gli uomini a lui più vicino, senza dimenticare i giocatori. La società, per bocca del direttore sportivo Giacchetta, alcune ore fa ad una nostra domanda sulla conferma a tempo del tecnico Davide Dionigi, si è trincerata dietro un “la Reggina non dà ultimatum a nessuno, ma lavora sui fatti. Bisogna rimanere concentrati e fare punti con lo Spezia”. A buoni intenditori poche parole. Il countdown è iniziato. Ci auguriamo l’impresa martedì sera, ma se dovesse saltare il tappo con l’allontanamento dell’allenatore emiliano, bisognerà affidare la squadra ad un tecnico carismatico, conoscitore del mondo pallonaro di oggi, non certamente a un “sergente di ferro”, tantomeno andare ad attingere dall’orticello di casa. Di progetti ne abbiamo visti fallire tanti dal mesto ritorno in serie B, ma la Reggina non è una schedina del totocalcio. E’ il vero amore di un’intera città.
Lorenzo Vitto – rnp
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