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Il razzismo, inteso come convinzione che una razza sia superiore ad un’altra, è pura idiozia. Lo insegnano a scuola sin dalle elementari, ma pare che ci sia gente che non voglia capirlo, o pur comprendendolo, si disinteressi, perché ritiene che le offese di tipo razziale siano ben più efficaci quando si voglia colpire un avversario. Succede nella vita di tutti i giorni ed ovviamente accade anche negli stadi, almeno dalla metà degli anni ’80. Per intenderci, non tutte le tifoserie, quando intendano offendere un avversario ‘di colore’ lo apostrofano con epiteti di tipo razziale: purtroppo, a tal proposito, la moda’ scoppiata nei campi da gioco pare abbia fatto dei ‘buu razzisti’ l’offesa rituale nei confronti dei giocatori ‘colored’. Un atteggiamento dettata un pò da stupide convinzioni razziali, ma soprattutto da becera ignoranza.
A dire il vero, come ricorda qualcuno, tali “buuu” erano praticati negli stadi sin da prima della nascita del fenomeno del tifo organizzato, ed erano rivolti solitamente all’avversario più pericoloso, a prescindere dal colore della sua pelle, e spesso venivano intonati nei momenti in cui la squadra avversaria sembrava giocare meglio, o comunque si proponeva in attcco. Il caso che qualche giorno fa ha visto protagonista il giocatore del Milan Boateng, ha riaperto l’annosa questione sul razzismo negli stadi, ed ha portato a considerazioni spesso fuori luogo. Per chi non conoscesse l’accaduto, Boateng, durante l’amichevole giocata a Busto Arsizio (cittadina vicino Milano), tra il suo Milan e la locale squadra di calcio, è stato insultato ripetutamente da alcune decine di tifosi, fino a quando, durante un’azione di gioco in cui lui stesso era protagonista, ha reagito come non si era mai visto fare fino ad ora, nel bel mezzo di una partita di calcio. Il calciatore infatti, ha fermato il pallone di gioco e l’ha scagliato con veemenza verso il settore dello stadio dal quale provenivano gli insulti a lui indirizzati. In seguito la partita è stata sospesa, visto il ritiro di tutta la squadra rossonera, solidale con il compagno offeso.
L’unica voce che ha commentato la vicenda in modo diverso dalla “massa”, è stata quella di Zdenek Zeman, persona da sempre ‘sopra le righe’, che di certo non ha mai avuto peli sulla lungua. Il boemo, durante un’intervista, ha detto che per lui i giocatori in campo “sono tutti uguali” e certamente se il gesto di Boateng fosse stato compiuto da un altro calciatore, questi sarebbe stato automaticamente espulso. Rimanendo al gesto compiuto dal centrocampista rossonero, occorre senz’altro sottolineare la forza energica che lo ha contraddistinto. Infatti, grazie ad esso, l’opinione pubblica e gli addetti ai lavori hanno ridato giusta attenzione ad un problema che mortifica sia chi subisce sulla propria pelle tale offesa, sia chi in tutti questi anni si è adoperato per arginare e limitare tale sintomo di maleducazione sociale.
Se però analizziamo, con onestà intellettuale e franchezza, quanto successo quel mercoledì a Busto Arsizio, non possiamo fare a meno di notare come tale gesto, seppur sia stato dovuto e pregno di forza energica, non sia stato altrettanto coraggioso. Spieghiamoci meglio: la partita giocata mercoledì tra Pro Patria e Milan era una semplice amichevole, un match avulso dalle logiche del business. Pertanto, la domanda che ci si pone è: se tali insulti a sfondo razzista fossero avvenuti durante un incontro di campionato, o ancor meglio di champions league o durante una finale di qualsiasi torneo, come si sarebbe comportato il calciatore destinatario dell’insulto ? Tale domanda è d’obbligo, perché purtroppo le offese di questo genere abbondano, in qualsiasi competizione italiana e non; eppure un gesto energico, come quello compiuto da Boateng, non è stato mai osservato laddove vi siano interessi legati a sponsor, pay-tv e scommesse.
La speranza ovviamente è quella che certe situazioni non si ripetano più, augurandosi magari che i tifosi di qualsiasi squadra, pur praticando “lo sfottò” verso gli avversari, capiscano che esso possa essere esercitato, purché non ecceda in comportamenti incivili che travalichino l’ educazione e il rispetto per l’avversario. E per essere nuovamente franchi, tale speranza non deve soffermarsi ai soli cori e insulti a sfondo razziale, in quanto di striscioni e cori che ricordano tragedie avvenute (come quella di Superga) oppure sfiorate (come quella di Pessotto), l’Italia del calcio ne è piena !
Non si capisce il motivo per cui si debba considerare più deprecabile il “buuu”, rispetto ad un coro che offenda i familiari delle vittime di un incidente aereo etc. Negli stadi come nella vita, bisogna combattere anzitutto l’ignoranza e la cattiva educazione, che poi sfociano in razzismo, sessismo e quanto altro. Pertanto, la sospensione della partita, potrà essere un evento di un certa rilevanza tale da suscitare clamore, ma la strada da percorrere, perché certi episodi vengano debellati una volta per tutte è diversa, e passa dalla educazione e dagli esempi positivi. I calciatori, tali esempi, devono essere i primi a darli…
Marco Giacomantonio-reggionelpallone.it
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