La maggior parte degli appassionati di calcio, ha un debole per gli stadi, in particolar modo per quello in cui gioca la squadra del cuore. Lo stadio, la squadra, la maglia, i tifosi, sono gli elementi fondamentali della domenica del pallone (a noi piace inquadrare ancora il calcio nel giorno in cui “il Creatore si è riposato“…), un “ensemble” che rende magico l’ambiente in cui lo spettacolo sta per iniziare.
Purtroppo però, sembra che “qualcuno” continui a non dare importanza a tale visione romantica, preferendo di gran lunga quella pratica, moderna e più funzionale (dicono loro…). Da parte nostra tuttavia, avendo sempre qualcosa da ridire, pensiamo ci sia dell’altro: la riflessione di oggi, parte da alcuni episodi accaduti qualche settimana fa. E’ bastata infatti un bel po’ di neve, caduta su Bologna in occasione dell’incontro di Serie A tra la locale squadra e il Chievo, per determinare il rinvio della a mercoledì 8 dicembre: la decisione è stata dettata dalla cosiddetta impraticabilità di campo, e stando a quanto dichiarato dal Presidente della Lega Calcio di Serie A, Maurizio Beretta, anche dalla “impraticabilità degli spalti”. Secondo il numero uno della Lega, «più che la situazione del campo, a pesare sulla decisione del rinvio, è stata la condizione degli spalti. Le due curve e la gradinata, essendo completamente coperte di neve, avrebbero infatti reso troppo pericoloso per gli spettatori assistere alla partita».
Effettivamente la neve qualche disagio ai tifosi l’avrebbe potuto causare, e ci sarebbero potute essere anche situazioni critiche dal punto di vista dell’ordine pubblico, quali ad esempio (giusto per fare un po’ d’ironia…), il lancio di palle da neve tra una tifoseria e un’altra, oppure la costruzione di pupazzi da neve da scambiare per gli stewart… Tornando seri, non resta che verificare come Beretta sia stato fin troppo categorico sul tema stadio: «Il sistema stadi non funziona, c’è bisogno di avere impianti di proprietà o comunque profondamente ristrutturati». Quindi, in poche parole, stadi nuovi o quasi!
A ben vedere però, sembra paradossale che il problema neve possa portare a decisioni così drastiche, senza che vi possa essere una soluzione intermedia. La neve è sempre caduta in Italia nei periodi invernali e ancor di più in gran parte d’Europa, tanto che, sempre qualche settimana addietro, la partita di Europa League tra Lech Poznan e Juventus è stata portata a conclusione, ovviamente con gli ovvi disagi del caso, su una coltre di neve a -10 gradi centigradi. In Polonia, a differenza di Bologna, in effetti c’è uno stadio dotato di tettoia e probabilmente col terreno di gioco riscaldato; pertanto basterebbe apportare questi accorgimenti negli stadi italiani, per risolvere certi problemi.
Arrivati a questo punto, non resta che chiederci se dietro l’ormai tradizionale “enigma stadi“, non ci siano i soliti problemi e le solite spinose problematiche. D’altronde, le roventi polemiche sulle speculazioni edilizie inerenti gli impianti nostrani non rappresentano certo una novità. A tal proposito, riportiamo la denuncia di Legambiente dello scorso anno, in cui il disegno di legge ad hoc sugli stadi, passato in Senato, venne definito ” un provvedimento dalla portata dirompente, che può dare il via a incredibili speculazioni immobiliari che nulla hanno a che fare con il calcio”. Denunce e polemiche, tornate di grande attualità proprio in questo periodo.
Eppure quanto avvenuto solamente 20 anni fa, in occasione dei mondiali di calcio ospitati nel nostro Paese, dovrebbe far riflettere tutte le categorie che hanno a che fare col sistema calcio, dai politici sino alle società. Stadi come il “Delle Alpi” di Torino, costruito ex novo con costi esorbitanti sia di realizzazione che di manutenzione, con quasi 70 mila posti a sedere tutti al coperto, oggi è stato completamente demolito, dopo 15 anni di vita e tanto spreco. E’ proprio da questo esempio che occorre ripartire, per non commettere gli errori passati.
Che i nostri stadi non siano adeguati è un dato sotto gli occhi di tutti, ampiamente dimostrato dalle mancate designazioni dell’Italia ad ospitare manifestazioni sia europee che mondiali. Costruire nuovi impianti con ristoranti e centri commerciali non è tuttavia la soluzione: piuttosto, basterebbe rendere più vivibili quelli attuali, predisponendo accessi facilitati ed apportando gli accorgimenti di cui sopra. Bisognerebbe intervenire un po’ come successo proprio a Reggio Calabria, Modena o Parma, dove in pochi anni è stato fatto un restyling del precedente impianto, senza sbancare ettari di terra, espropriare terreni coltivati e costruire ennesime cattedrali nel deserto.
Onestamente col debito pubblico che l’Italia detiene e con un Pil che stenta a crescere, certi sprechi non ce li possiamo proprio permettere, e poi vorremmo proprio evitare, in futuro, di dover parafrasare la frase di una celebre canzone di Adriano Cementano, esclamando che “Là dove c’era l’erba ora c’è…uno stadio!”.
Marco Giacomantonio-Reggionelpallone.it
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