La premessa è fondamentale, e va fatta prima di tutto: chiunque, nessuno escluso (addetti ai lavori, tifosi, allenatore e presidente) avrebbe firmato senza ripensamenti per trovarsi a questo punto del campionato al sesto posto della classifica. Finisse domani la stagione, la Reggina avrebbe la possibilità di giocarsi le sue chance per la promozione alla lotteria dei play-off, che, per chi non lo ricordasse, è anche l’obiettivo massimo dichiarato a inizio campionato. Il problema, se così lo si può chiamare, è come si è arrivati a questa situazione: nessuno si aspettava alcunché da questa squadra, imbottita di esordienti e giovani provenienti dal settore giovanile, che invece ha spiazzato tutti, strabiliando e (con ogni probabilità) illudendo. La Reggina ha almeno tre\quattro squadre superiori, e con altrettante se la gioca alla pari, questo è il verdetto difficilmente controvertibile, inutile cianciare di serie A diretta o follie simili. A Novara (campo che non ha risparmiato nessuno) la squadra ha iniziato una striscia di sconfitte proseguita a Varese e continuata mercoledì contro l’Albinoleffe, primo vero tonfo della stagione.
Tutti sanno qual è il problema, l’inizio di tutti i mali nonché unica ragione della crisi: “manca Bonazzoli, con lui in campo la Reggina non avrebbe avuto questa crisi”, nulla di più falso. Per quanto si tratti di un giocatore importante, di un gigante che quest’anno vede la porta come pochi, sempre di nascondersi dietro un dito si tratta. Le ragioni del calo amaranto sono molteplici, e l’assenza del suo bomber è una delle cause, né l’unica e nemmeno la più importante. In una squadra degna di lottare per la promozione, non può esserci un solo attaccante che va in rete (basti vedere i marcatori delle altre squadre), perché questo significa avere preoccupanti carenze di organico, che il ritorno di Bonazzoli non basterà a colmare. Mancano quindi due attaccanti (il partner di Bonazzoli e il suo naturale sostituto) che vadano in rete con una certa regolarità, ad Atzori e Foti la soluzione del rebus: continuare ad aspettare chi finora non ha reso o intervenire nel mercato di gennaio?
La forma fisica, decisiva nello sprint iniziale, accusa una flessione evidente, avere una rosa ristretta (quasi inesistente il turn-over, tra difesa e centrocampo hanno giocato sempre gli stessi) comporta dei picchi di salute e dei cali fisiologici. Non si può chiedere, in nome di una giovane età, a Viola, Missiroli e Rizzo (giusto per fare qualche nome) di iniziare a correre come forsennati ad agosto per fermarsi il giugno successivo, non è ancora il tempo dei cyber-calciatori. Anche qui una considerazione obbligatoria: numericamente ci sono due giocatori per ogni ruolo, se giocano sempre gli stessi è per il gap tecnico-tattico-fisico che li divide dai compagni? Se la risposta è si, bisognerebbe capire che non si può disputare un torneo di 42 giornate con tre giocatori per tre maglie (Rizzo-Viola e Missiroli, sempre e solo loro, a Tedesco giusto le briciole).
La Reggina ha sfruttato a dovere il fattore sorpresa: nessuno a inizio campionato temeva la compagine amaranto, affrontandola a viso aperto, convinto di fare un sol boccone di una squadra giovane e ricca di semi-sconosciuti. Le vittorie, ripetute, hanno modificato l’atteggiamento di chi affronta la squadra di Atzori; i giocatori prima sottovalutati sono stati studiati, i moduli una volta arrembanti si sono trasformati in più spaventati “prima aspettare, poi, se è del caso, ripartire”. Tradotto in soldoni, significa per la Reggina avere molte più difficoltà a trovare spazi, vedersi soffocate le fonti di gioco, mancanza di fluidità della manovra dovuta allo schieramento accorto degli avversari, anche così si spiegano certe prestazioni sottotono. Qui il compito più difficile per il tecnico amaranto: trovare una nuova strada, deviare il percorso sin qui intrapreso. Cambiare, parola sempre difficile da attuare per chi vuole tenacemente seguire la sua idea: in alcuni frangenti si sono visti il 4-2-3-1 o il 4-3-1-2, sempre però a partita in corso, per cercare di ribaltare una situazione sfavorevole. Non basta, evidentemente: apportare queste modifiche dall’inizio potrebbe essere una soluzione per ritrovare un gioco convincente e obbligare gli avversari a ridisegnare le proprie contromisure in virtù di una “nuova” Reggina.
Il calcio, spesso terra di inutili luoghi comuni, ha tra i suoi tormentoni il sempreverde “Non eravamo dei fenomeni prima, non siamo dei brocchi adesso”, ogni tanto rispolverarlo non fa male, e chi volava di fantasia sino a qualche settimana fa, non avverta adesso il bisogno di guardarsi indietro. Ci vuole equilibrio, e pazienza.
Pasquale Romano
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