Una storia intensa, laddove per storia si intendono non solo i trionfi e le vittorie, ma anche le sconfitte e le delusioni più atroci. Dai campetti polverosi e sconosciuti della C2, a veri e propri monumenti come l’Olimpico e il S.Siro. Il lunghissimo percorso di Franco Iacopino, per decenni direttore generale in riva allo Stretto, si riflette alla perfezione con il percorso dello stesso calcio reggino. Emozioni che profumano di antico, figlie di un calcio che oggi non c’è più. Pagine indelebili, scritte con sacrificio e senso di appartenenza, ma anche con signorilità, competenza e spessore morale. Franco Iacopino: un “gigante amaranto”, col quale Reggionelpallone.it ha proseguito la serie di interviste esclusive riguardanti gli ex d’autore.
Direttore dopo il pareggio di Mantova ormai vi potete considerare salvi. Bilancio positivo oppure rimpianto per non poter guardare le “zone alte” più da vicino?
Diciamo che siamo vicinissimi alla salvezza, ma non è ancora finita. La serie B è un campionato imprevedibile, che io conosco ormai molto bene: è quasi fatta, ma aspettiamo prima di fare festa. Una volta raggiunta la permanenza potremo essere contenti per aver centrato l’obiettivo prefissatoci ad inizio stagione, ma un pizzico di rammarico resta, perché ad eccezione del Lecce non mi pare che le altre abbiano fatto vedere grandi cose . Il Modena ha in organico elementi di grande qualità, come Pinardi, Bruno, Perna e Diagouraga. Quest’anno ci è mancato soprattutto Pinardi, il quale ha dovuto fare i conti con problemi fisici e non solo: dover rinunciare a lungo ad un trequartista come lui, che in cadetteria ha sempre segnato almeno 7 gol sfornando numerosissimi assist, è stato un problema non da poco.
Chi invece non si può considerare certo in linea coi programmi estivi, è la “sua” Reggina. Viste dall’esterno, quali sono le cause di questo clamoroso flop?
Sulla carta era stata allestita un’ottima squadra, come testimoniano gli acuisti dei vari Cassano, Capelli, Volpi e Buscè, tutta gente in grado di figuarwe benissimo anche in A. L’errore casomai, è stato quello di cambiare radicalmente il progetto, senza aspettare. In B non regala niente nessuno, e accade facilmente che l’ultima possa battere la prima, o che una squadra di piccola levatura dia il massimo contro un avversario più blasonato. Probabilmente l’organico costruito non era abituato alle insidie di questo torneo, dove bastano 3 vittorie per rilanciarti alla grande, ma anche 2 sconfitte per trovarti di colpo in difficoltà. Non mi piace guardare in casa d’altri giudicandone il lavoro, ma siccome quei colori li sento miei per una questione di cuore, mi permetto di dire che si è perso quello “spirito amaranto” tipico di noi reggini.
E chi lo ha perso questo spirito? La società, il pubblico o la squadra?
Diciamo che basta un passo indietro di una delle tre componenti, affinché ne risentano anche le altre due. Le faccio un esempio, per far capire cosa intendo io per spirito amaranto: nei momenti di difficoltà, a Reggio ci chiudevamo in una stanza, al chiuso, lontano da tutti, e discutevamo dei problemi guardandoci negli occhi, e parlando il dialetto. Questo spirito, che animava ogni nostra azione, la domenica portava tutti a dare quel qualcosa in più.
Ha ripensato a tutto questo, quando a Marzo si è presentato per la prima volta da avversario a Reggio?
Sono sincero, da quando si è chiuso il rapporto con la Reggina, ho consegnato tutto quello che dovevo consegnare, e non ho più voluto seguire neanche una partita della squadra dal vivo. Quando ho messo piede al Granillo quest’anno, non mi aspettavo un trattamento così caloroso, e mi sono davvero emozionato. Il coro della Curva, il pensiero di aver condiviso con quegli stessi ragazzi un panino o una bottiglia d’acqua, in posti che non comparivano nemmeno sulla cartina geografica… Sensazioni stupende, che ti portano a capire che hai lasciato un ricordo sincero, che hai fatto qualcosa di concreto. La storia è la vera maestra del futuro, anche se il calcio moderno questo lo ha dimenticato, e Reggio purtroppo è diventata testimone del calcio moderno. Ma non mi faccia aggiungere altro, per cortesia…
Va bene Direttore, torniamo al suo Modena allora. Campionato in linea coi programmi ed elementi di spessore, eppure in questa settimana si parla di grossi problemi societari, e di ben 8 giocatori che potrebbero andare via a parametro zero…
Non è esatto parlare di problemi societari:è vero, l’attuale proprietà vuole vendere, ma rimane una dirigenza di prim’ordine, tra le pochissime in B ad aver pagato tutti gli stipendi. C’è una trattativa importante per cedere la società, ma se non si concretizzasse, vedrete che gli attuali proprietari daranno continuità. Otto calciatori in scadenza? E’ un problema che non riguarda solo Modena, e comunque la cosa non mi preoccupa: l’impianto tecnico costruito da Fausto Pari (ds dei gialloblù, ndr) è di prim’ordine, e può sopperire a qualsiasi vicissitudine tecnica. Non dimentichiamo che in rosa abbiamo giovani come Silvestri, che ieri ha giocato con l’italia under 20, o come Spezzani, un centrocampista classe ’92 per il quale ci sono richieste anche dall’Inghilterra.
Il Modena vuole vendere, il Gallipoli sta fallendo, il Mantova naviga in acque torbide e persino il Brescia, tramite il presidente Corioni, dice che bisogna fare in fretta a salire in serie A, per evitare crolli finanziari. Come mai questa serie B non riesce proprio a garantirsi un futuro ad ampio raggio?
Ripeto, la situazione del Modena è nettamente diversa dalle altre. Per il resto, lo scenario attuale è figlio di una politica dissennata, e le società devono imparare a fare anche autocritica. A me hanno insegnato che se produci 10, non puoi impegnarti per 15, ma al massimo per 8. In B gli incassi sono sempre di meno mentre gli stadi si svuotano sempre di più, ma invece di adattarsi al cambiamento parecchie società hanno elargito a destra e a manca stipendi stellari, invece di capire che bisogna investire ciò che si guadagna.
Mi diceva prima degli elementi interessanti che ha il Modena in organico: tra questi mi risulta che ne avete 2 tenuti in forte considerazione dalla Reggina, ovvero Tamburini e Bruno…
Tamburini la Reggina ha provato a prenderlo a Gennaio, impostando però l’operazione in modo completamente sbagliato, sia come dinamica che come tempistica. Si tratta del nostro vice capitano, un ragazzo che veste il gialloblù da 7 anni e che ha dalla sua valori tecnici e umani. Se lo vuoi acquistare davvero dunque, devi agire in una certa maniera, e la Reggina non lo ha fatto. Adesso sia lui che Bruno sono in scadenza: hanno molte richieste, e alla fine credo che sposeranno il progetto più allettante.Non è detto che tra queste offerte non rientri quella dello stesso Modena…
2 anni fa, mi disse che a Reggio come dirigente non sarebbe mai più tornato, e che i suoi “ritorni a casa” sarebbero stati dettati dalla voglia di riabbracciare i suoi affetti, e di godersi i meravigliosi tramonti dello Stretto. Vale ancora quella dichiarazione?
Si, rimane uguale, precisa, identica. Da attento lettore delle opere di Leonardo Sciascia, mi viene in mente quando scrisse “ci sono uomini, mezzi uomini, ominicchi e quaquaraqua”. Consentitemi di dirlo: io sono un uomo.
Ferdinando Ielasi
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