-Art. 23 “Carta dei calciatori professionisti”-: Il contrasto sorge in quanto esiste in Francia la “Carta dei calciatori professionisti”, documento che rappresenta per i calciatori quello che è un vero e proprio contratto collettivo per i lavoratori subordinati di ogni categoria. Tale carta all’art. 23 si occupa in particolare dei “joueurs espoir” ( i “giocatori promessa” ndr) ed obbliga il giocatore, qualora la società glielo imponesse, a sottoscrivere, in esito alla formazione, il suo primo contratto di giocatore professionista con la società medesima. Nel caso ciò non accadesse sorge in capo alla società “di formazione” il diritto ad agire per ottenere un risarcimento dal lavoratore, in quanto reo di aver commesso una violazione delle norme della “Carta” (l’art.23 in questo caso) e perciò degli obblighi contrattuali che da lì derivano.
– Il FATTO-: Bernard stipulava un contratto di formazione nel 1997 per 3 ani con l’Olympique Lyonnais e quando nel 2000 la squadra francese gli propone un annuale da professionista, lui rifiuta, sottoscrivendo invece un accordo con il Newcastle F.C.
A questo punto la squadra d’origine agisce nei suoi confronti chiedendo la condanna in solido da parte dell’atleta e della squadra inglese al pagamento di una somma quantificabile attorno ai 53000 euro, a titolo di risarcimento, utilizzando come parametro i compensi che lo stesso atleta avrebbe conseguito per quell’anno se avesse sottoscritto il contratto con la sua vecchia squadra.
-Art. 39 Carta CE-: La Corte di Cassazione francese rilevò l’insorgere di una questione pregiudiziale in merito alla controversia, in quanto il tenore del citato art. 23, norma nazionale francese, se non proprio vietava quantomeno ostacolava la piena applicazione dell’art. 39 della Carta CE, norma di rango comunitario. L’art. 39 infatti promuove, tutela e garantisce la libera circolazione dei lavoratori ( e perciò anche degli atleti) all’interno dell’Unione Europea e fu anch’essa oggetto di una lunga bagarre giudiziaria di cui fu protagonista “ di fatto e di diritto”( e mai espressione fu più appropriata!) il “collega” Bosman. Pertanto la Corte di Giustizia Europea fu investita del compito di preliminarmente accertare se l’obiettivo da raggiungere (incentivare le squadre ad investire sulla formazione dei giovani e tutelare i vivai) potesse in qualche modo giustificare la limitazione della circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione.
-SENTENZA-: La Corte di giustizia ha ritenuto l’art. 23 come limitativo del diritto alla libertà di circolazione dei lavoratori tutelata dall’art. 39 CE perché, anche se non vieta del tutto, in qualche modo dissuade dall’esercitare tale diritto. Si è espressa inoltre circa la possibile giustificazione di tale limitazione, affermando che l’obiettivo di formare giovani atleti è importante, nonché dispendioso ed aleatorio, un investimento che non è detto dia frutti immediati e che pertanto è giusto che alle squadre venga corrisposta una “indennità di formazione” che sia proporzionata ai costi sostenuti e non dunque, come richiesto dall’Olympique Lyonnais, un risarcimento da parte del giocatore per il danno subito. Così facendo, le squadre continueranno ad essere sostenute nella loro attività di formazione dei giovani ma allo stesso modo i giocatori potranno “spiccare il volo” e scegliere la strada migliore per la loro carriera da professionisti.
Quello della tutela dei vivai è un argomento fondamentale nell’intero panorama calcistico soprattutto italiano ed è importante che la giurisprudenza offra adeguati mezzi di tutela alle squadre, particolarmente a quelle più piccole che devono fare quadrare i bilanci e che investono per la maggior parte sulla promozione dei giovani, in modo da non vedersi “scippate” dei loro talenti. E’la situazione che si è rischiata proprio a Reggio con il “caso Camilleri”.
Ivana Veneziano
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